Naturalismo e realismo sono i termini più usati per descrivere l’opera e lo stile di Michelangelo Merisi da Caravaggio.
San Giovanni Battista, dettaglio
termini entrambi precisi e calzanti: l’esperienza che ognuno di noi può avere guardando un dipinto di Caravaggio è quella di una attonita ammirazione per l’abilità tecnica del pittore nel rappresentare ed imitare pedissequamente la natura, intrinseca, delle cose e degli umani.
Questa rara abilità mimetica è oltretutto sostenuta da un’altrettanta rara capacità di immergersi negli stati d’animo dei soggetti; si rimane catturati, colpiti e scossi dall’umanità che muove i personaggi rappresentati da Caravaggio. Personaggi che sono lungi dall’essere semplicemente dipinti. Essi vivono confinati nel bordo della tela ma travalicano tale limite fisico proprio grazie alla loro fattura; attraverso la loro naturale verità sanno come toccare le corde più sensibili dello spettatore.
La capacità di fissare il momento sospeso è per noi uomini del nostro tempo un fatto naturale. Noi che siamo tutti capaci di immortalare istanti premendo semplicemente il pulsante delle macchine fotografiche.
Ma prima che l’obiettiva fotografia togliesse ogni poesia all’immagine e all’immaginazione questa capacità era solo nelle mani dei pittori, di quelli più dotati.
Dettaglio dall'Incredulità di San Tommaso
Queste caratteristiche durante i secoli nn sono state intaccate dal mutare del gusto lasciando, giustamente, il pittore al di fuori di ogni catalogazione ed hanno, anzi, contribuito a definire un intero filone d’artisti che al maestro lombardo guardavano e attingevano. Così per secoli e tuttora quadri neri come la pece scaldati da flebili raggi di luce che fanno emergere volti e corpi dalle fattezze popolari si definiscono caravaggisti.
Definizione che, invece, durante i secoli ha conosciuto amare critiche che hanno raggiunto non poche volte i caratteri ben definiti dell’insulto; Caravaggio e per analogia i caravaggisti erano coloro che dipingono “del tutto senza attione“, ovvero i critici non riconoscevano nessuna valenza nella perizia tecnica di dipingere al naturale perchè non v’era arte in essa, ma solo uno scimmiottamento, inutile, della natura.
A chi non è digiuno di teorie artistiche queste accuse puzzano di accademia, correttamente. Passata l’ondata del caravaggismo a Roma come in altri centri artistici l’arte figurativa tornava sotto il segno apollineo del classicismo.
La folgorante ascesa dello stile denotato dalla drammatica opposizione di scuro e luce lasciava il posto, nel giro di pochi decenni, ad un classicismo che seppe comunque ruminare e far sua l’innovazione naturalistica sancita da Caravaggio e dai caravaggisti.
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Ma era davvero nuovo lo stile del lombardo? e se tutto sommato lo era come potè nascere e in quale clima culturale potè trovare spazio?
Le innovazioni infatti hanno sempre bisogno per nascere di un clima culturale di rottura che necessita, appunto, di andare oltre i limiti costituiti; ma hanno altresì bisogno di una rete che le promuova, pena il confino.
Per capire il naturalismo di Caravaggio bisogna tener conto dell’ambiente e della sensibilità intorno alle immagini del tempo.
E il tempo era quello duro, durissimo, del conflitto tra il cattolicesimo e il protestantesimo.
Duro durissimo anche per gli artisti.
Asino Icoloclasta
intorno alle immagini e alle manifestazioni artistiche in generale si consumò un vero e proprio scontro: i protestanti infatti criticavano aspramente la venerazione dei cattolici di fronte alle immagini fino al punto di definirla idolatria. Come nella loro dottrina della predestinazione non trovava più spazio la mediazione delle figure ecclesiastiche ma solo il diretto contatto col divino manifestato nelle scritture così le immagini erano solo distrazioni. La guerra di religione che si perpetuò nei paesi nordici vide addirittura delle vere e proprie spedizioni punitive nelle chiese cattoliche con la distruzione in pubblico di libri, dipinti e sculture.
Di contro i cattolici, tenendo in considerazione quanto importante fu la divulgazione e l’affermazione del cristianesimo attraverso le immagini nell’età paleocristiana, non potevano rinunciare alla manifestazione artistica. Ma era comunque necessario un ripensamento sulle tendenze manieristiche che decoravano chiese e luoghi sacri. Queste immagini per via del fine intellettualismo che le denotava erano ormai del tutto scollate dalla vera religiosità, erano atti estetici, art pour l’art.
Il Concilio di trento, lungo ed estenuante, tracciò le linee del riformismo e tra queste un largo capitolo fu dedicato proprio all’arte e alle immagini. In alcuni trattati che videro la luce in questo periodo si criticavano anche artisti considerati divini, alcuni di questi trattatisti si spinsero oltre attuando una vera e propria inquisizione.
una inquisizione che portò alcune figure illustri della chiesa a volere addirittura la cancellazione di un capolavoro assoluto come il Giudizio Universale di Michelangelo. Fortunatamente tale catastrofe non avvenne ma il fatto che subito dopo la morte del Maestro si operò subito al “vestimento” delle immagini nude del Giudizio è un chiaro sintomo dell’attenzione morbosa che l’arte doveva subire.
Riassumendo le istanze a cui i pittori e committenti dovevano attenersi secondo il Concilio erano tre:
- chiarezza , semplicità e intelligibiltà;
- interpretazione realistica;
- stimolo emozionale
la prima si spiega da sola, la seconda favorì un controllo sulle raffigurazioni artistiche perchè nn si discostassero dalle sacre scritture e nelle ambientazioni e nelle suppellettili quanto e soprattutto nella trattazione dei soggetti che dovevano assolutamente essere privi di ogni falsificazione circa il loro stato sociale. Ergo niente più drappeggi di tessuti preziosi, niente più idealismi intorno le fattezze dei soggetti.
Questo realismo quindi si poneva come l’abbecedario della chiesa nuova e e si riallacciava al rinascimentale concetto di verosimiglianza, vale a dire età, sesso, tipo, espressione. gesto e abito adattati al carattere della figura rappresentata.
Le immagini così esattamente trattate hanno possono così di alimentare il sentimento religioso dei fedeli, e questo è il terzo punto.
Dal 1580 circa queste direttive cominciarono ad essere applicate.
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Caravaggio si forma a Milano e si afferma a Roma.
E’ in questi due centri che bisogna cercare.
Come al tempo di Ambrogio, Milano era l’avanguardia della riformulazione del credo cristiano; le idee per il rinnovamento religioso così vicine al pauperismo perduto dei primi cristiani avevano nel circolo dei Borromeo i loro rappresentanti più eccelsi. Carlo, che di lì a poco diverrà San Carlo Borromeo e Federico Borromeo che tanto fece e tanto scrisse per rinnovare la chiesa.
L’arte per Carlo e per Federico era di fondamentale importanza, al pari della celebrazione della messa, al pari dei sacramenti, al pari dell’eucarestia. Anzi erano proprio le immagini che dovevano spingere il credente alla preghiera, non dovevano persuadere – questo sarà poi un compito assegnato qualche decennio dopo -ma dovevano stimolare.
Il Borromeo espresse la sua personale ideologia nei confronti delle immagini redigendo il testo “De Pictura Sacra” che si poneva come un vero e proprio trattato estetico e da cui se ne potevano trarre delle linee guida nel trattamento delle immagini. Queste linee si possono riassumere nei termini Decoro e Convenienza che vengono ribaditi più volte nel trattato.
A Milano Caravaggio è alla bottega di Simone Peterzano e la sua opera è stata messa spesso in relazione con le direttive borromaiche in particolare negli anni ’80 quando il pittore trapassa a modi devozionali di particolare austerità e di arcaizzante semplificazione compositiva.
Il Peterzano, da oculato imprenditore, si era posto in linea con le direttive soprattutto per ottenere commissioni importanti e remunerative. D’altra parte lo stesso Borromeo poteva contare sul Peterzano per mantenere il realismo lombardo con la tarda maniera rinascimentale coiugata al colorismo veneto.
Anche Antonio Campi, pittore che già il Longhi mise in relazione circa la formazione del Merisi, non era avulso dall’ambiente riformatore.
Insomma Caravaggio ancora giovanissimo dovette formarsi sulla concezione filosofica e religiosa dell’arte che doveva insegnare come su quella stilistica di una pittura sempre “fedele al vero” che avrebbe professato e che cambierà dall’interno il panorama artistico.
A Roma la riformulazione delle immagini aveva caratterizzato le maggiori commissioni pubbliche al tempo di Sisto V e Clemente VIII, ne nacque un tipo di arte denominata controriformistica, che videro operare in incarichi ufficiali artisti come Cesare Nebbia, Paris Nogari, Giovan Battista Ricci e Andrea Lilio
A Roma Caravaggio arriva nell’estate del 1592 con questa eredità. Pur non avendo sufficente documentazione per sapere come il pittore dovette passare i primi anni della sua vita romana una cosa è certa, ed è quella che ci interessa: Caravaggio al suo arrivo a Roma utilizzò i canali principali per inserirsi nel mercato artistico, primi tra tutti le relazioni che aveva con le importanti famiglie degli Sforza e dei Colonna.
I Colonna erano devoti agli Oratoriani di Filippo Neri e questo era intimamente legato con Federico Borromeo.
facile a questo punto mettere in relazione il cenacolo Oratoriani-Borromeo come quello intorno al quale dovette gravitare il Merisi.
Lo stesso Giuseppe Cesari il Cavalier D’Arpino, il più famoso pittore del periodo a Roma alla cui bottega Caravaggio lavorava era protetto sia dai Crescenzi sia dai Colonna. Da Qui il Pittore entrò in contatto con il Cardinal Francesco Maria del Monte, un autentico protettore delle arti del tempo e anche lui legato alle fazioni riformiste.
Insomma, le direttive e la necessità di rinnovare il linguaggio figurativo secondo quei dettami di attinenza al vero, di principio di verosimiglianza e rispetto per le sacre scritture assimilate da caravaggio a Milano sono le stesse che informavano e di cui necessitavano gli esponenti del ramo riformatore romano.
Lo stile popolare di caravaggio, la sua intima attinenza al fatto sacro è così il frutto di una grammatica piena di ideologia.
E’ l’ideologia del recupero della vera chiesa, del vero messaggio cristiano, quello delle origini, di una chiesa vicina agli umili e a i derelitti; un’ideologia dell’arte fatta di immagini semplici, chiare, popolari, didascaliche e facilmente memorizzabili.
Dettaglio Madonna dei Pellegrini
Il naturalismo di Caravaggio suscita emozione e sconvolge al tempo stesso ora come allora. Egli seppe dare forma alla vera parola cristiana, fatta di passione e dolore, umile e chiara. E’ in questa attualizzazione del fatto sacro che il naturalismo di Caravaggio si lascia cogliere per la profonda identificazione dell’arte e del concetto fusi, memorabilemente, nell’immagine.
Ma allora l’arte di Caravaggio fu ancora più sconvolgente perchè il consumo delle immagini era vivo e vero, intorno ad esse e in esse si concentravano fazioni potenti rivoluzionarie o realiste. Questo realismo fu la ragione della sua affermazione e fu la causa delle innumerevoli critiche mosse da chi vedeva nei riformatori un pericoloso partito nemico dello status quo.